Da alcuni anni affermo che il dibattito sulla questione sarda e sulla necessità ormai ampiamente condivisa di crescita degli spazi di autodeterminazione del popolo sardo, deve trovare una risposta concreta in un nuovo statuto regionale di tipo federale che sostituisca l’attuale insufficiente e superato Statuto della Regione Autonoma della Sardegna, ma assieme all’azione politica è altrettanto necessario agire senza indugio sul campo per creare da subito migliori condizioni per lo sviluppo andando a toccare i nodi strutturali che oggi lo rendono impervio; uno di questi nodi, quello energetico, potrebbe essere sciolto proprio in questa fase di grande crisi globale.
L’attuale contesto internazionale ci conferma chiaramente che le economie veramente forti e stabili sono quelle che hanno un sufficiente controllo delle risorse strategiche e che hanno osservato la regola della diversificazione. Tra le risorse strategiche possiamo senza dubbio annoverare quelle alimentari e quelle energetiche, risorse oggi ampiamente deficitarie in Sardegna.
La parola indipendenza echeggia spesso nei discorsi dei sardi, nella loro storia, nell’immaginario, riemerge poi all’acutizzarsi di ogni problema, ma se vogliamo passare da un piano storico-romantico-concettuale ad un piano operativo la via c’è e si chiama anche indipendenza energetica.
L’indipendenza energetica non è solo un obiettivo funzionale al contenimento delle spese correnti dei comuni, delle aziende e delle famiglie, ma può assicurare al territorio che la persegue un forte vantaggio di competitività, andando direttamente ad incidere sui costi di produzione di beni e servizi. Il territorio sardo, per l’ampia disponibilità di spazi, abbondanza di sole e di vento, possiede le caratteristiche per raggiungere più efficacemente e facilmente questo obiettivo, ma deve farlo attraverso un sistema misto, non dirigistico, che parta preferibilmente dal basso, secondo uno schema che, ad esempio, contraddistingue le Comunità Energetiche, perché per esercitare la sovranità alimentare ed energetica non basta produrre, ma è necessario che le iniziative produttive partano dal basso, cioè dovranno essere i cittadini sardi, i comuni sardi e le aziende sarde a installare e gestire questi progetti per assicurarsi il controllo del mercato interno dell’energia e sottrarre così il costo di questa importante risorsa alle imprevedibili vicende politiche o alle speculazioni internazionali esterne alla volontà dei sardi.
In un settore strategico come quello energetico tutta il nuovo quadro europeo è pienamente in sintonia con il sogno dei sardi di costruire un sistema proprio dell’energia capace di garantire non solo il benessere dei cittadini, ma anche la competitività dell’intero sistema produttivo e costituire così un’ occasione irripetibile per la rimozione di uno dei principali ostacoli allo sviluppo della Sardegna.
Infatti l’Europa sta affrontando un aumento dei prezzi dell’energia con il programma europeo REPowerEU e cercherà di diversificare le forniture di gas, accelerare l’introduzione di gas rinnovabili e sostituire il gas nel riscaldamento e nella produzione di energia. L’obiettivo è quello di diversificare l’approvvigionamento di gas e favorire maggiori volumi di produzione di biometano e idrogeno rinnovabile riducendo così progressivamente e più rapidamente l’uso di combustibili fossili nelle nostre case, edifici, industria e sistema elettrico, aumentando l’efficienza energetica, le energie rinnovabili e l’elettrificazione.
La Commissione svilupperà ulteriormente il quadro normativo per promuovere un mercato europeo dell’idrogeno e sosterrà lo sviluppo di un’infrastruttura integrata per il gas e l’idrogeno, impianti di stoccaggio dell’idrogeno e infrastrutture portuali.
Altra linea d’azione è ridurre la dipendenza da gas, che significa solare sui tetti, più rinnovabili, più risparmio energetico.
Le nuove installazioni devono pertanto essere fortemente accelerate promuovendo una nuova ondata di rinnovabili domestiche e favorendo le Comunità Energetiche come mezzi per ridurre il peso delle bollette.
In questo contesto che per la prima volta nella storia premia e promuove in modo chiaro la nascita di poli locali di produzione di energia, la Sardegna ha un’occasione irripetibile per porsi alla guida della transizione energetica forte di fattori geografici ottimali per la reddittività degli investimenti,
Ancora una volta, dunque, la Sardegna è chiamata all’esame di maturità: essere consapevole del proprio ruolo e delle proprie specificità, smettendo di imitarsi ad invocare e rivendicare inutili risorse pubbliche a pioggia, per diventare consapevole e responsabile protagonista della imminente rivoluzione energetica attraverso iniziative e progetti dei sardi per i sardi in nome dell’interesse dei sardi per la tutela dell’ambiente, l’efficienza, la sicurezza e la competitività del sistema produttivo sardo.
Non possiamo pensare però alle rinnovabili se ottenere una licenza per costruire un parco eolico richiede 7 anni o se le aree da dedicare al fotovoltaico sono praticamente esaurite. E se il problema è quello di non subire una ingiusta colonizzazione energetica, quello che possiamo fare è inglobare questi progetti all’interno di un sistema energetico sardo che assicuri alla Sardegna un’economia di scala che abbia immediate e certe ricadute positive sul costo dell’energia per i sardi.
Tutto questo programma non potrà essere realizzato senza il coinvolgimento contemporaneo di cittadini, aziende e istituzioni, tre soggetti che da soli hanno dimostrato di non essere all’altezza.
Concludendo, si apre per la Sardegna una fase piena di opportunità, ma per coglierle è necessario uscire dalla logica assistenzialista dello sconto politico sulle accise come vantaggio temporaneo dovuto all’insularità e puntare invece al superamento strutturale del nodo energetico attraverso la realizzazione di impianti di produzione di energia di proprietà dei sardi, in un momento in cui ad ogni livello è ormai raccomandato un sistema energetico decentrato fortemente compatibile con un modelli federalista.
L’indipendenza energetica sembrava un concetto utopistico per molti. Ma se vista dalla corretta prospettiva è una realtà possibile: è la diretta conseguenza dell’aggregazione virtuale dei proprietari di impianti fotovoltaici e di sistemi di accumulo e di semplici consumatori in Comunità Energetiche per l’autoconsumo collettivo.
Ai sardi si presenta un’occasione irripetibile, direi storica perché rendersi energicamente indipendenti costituirebbe un elemento di eccezionale attrazione per la nascita e la rilocazione si aziende in Sardegna.
Da oggi l’agenda dei sardi é chiara: un nuovo statuto federale, una Carta de Logu noa, che dia al popolo sardo la responsabilità del modello e delle politiche di sviluppo, e una road map per il raggiungimento dell’indipendenza energetica.
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